LA STORIA DELL’ISRIL
L’ISRIL, fondato nell’ormai lontano 1962, fu il primo istituto italiano sorto con la missione di studiare le Relazioni Industriali e di Lavoro nella loro interazione con i fenomeni economici e sociali, innovando rispetto agli approcci prevalentemente giuridici, allora dominanti.
I padri fondatori (Baldassare Armato, Giuseppe Bianchi, Nicola Cacace, Paolo Cavezzali, Merli Brandini) provenivano da una comune esperienza di esperti della contrattazione collettiva che la CISL aveva promosso perché nelle grandi aziende italiane (Fiat, Eni, Italsider, ecc.) si diffondessero, su base contrattuale, criteri e pratiche organizzative che sostenessero lo sviluppo della produttività del lavoro in un contesto economico che si stava aprendo ad una maggiore competitività di mercato.
Il back round culturale che, fin dall’inizio caratterizzò l’Istituto, fu fornito soprattutto dall’istituzionalismo USA che aveva dedicato particolare attenzione al fenomeno dello sviluppo industriale e delle regole attraverso le quali gestire i processi redistributivi e i relativi conflitti in società caratterizzate da un assetto pluralistico degli interessi. Mario Romani, Gino Giugni e Federico Mancini furono i riferimenti italiani di tale cultura.
L’ISRIL, nato in un periodo caratterizzato da una prospettiva ottimistica dello sviluppo economico (erano gli anni del cosiddetto miracolo economico) fu partecipe delle successive turbolenze verificatesi nei decenni successivi (il ’68, le crisi degli anni ’70 e ’90) facendo dell’Istituto un luogo di confronto tra le parti sociali e testimoniando sempre che occorresse rafforzare nel sistema la capacità di cooperazione reciproca per rendere governabili i cambiamenti sollecitati dall’integrazione dei mercati e dall’evoluzione dei sistemi politici e sociali.
Il bicchiere mezzo pieno è che in effetti ci fu un progressivo affinamento nell’uso degli strumenti della contrattazione collettiva e della concertazione sociale, e soprattutto nei periodi di grande crisi le intese fra le parti sociali e i governi favorirono la stabilizzazione consensuale necessaria per riprendere la via dello sviluppo.
Il bicchiere mezzo vuoto è che le tendenze insite nella società italiana a favore di una corporativizzazione degli interessi costituiscono a tutt’oggi i principali ostacoli che rallentano la capacità del sistema Italia di muoversi velocemente lungo un asse di obiettivi condivisi di modernizzazione.
L’ISRIL, si diceva, fu un crocevia, mai turbato da pregiudizi ideologici, nel quale si incontrarono i principali attori politici e sociali degli ultimi cinquantanni di storia italiana. Basta ripercorrere i contributi contenuti nella rivista dell’Istituto “I Quaderni ISRIL” (1970-1999) per ritrovare i nomi di Andreotti, Armato, Lama, Carniti, Marini, Vanni, Marzotto, Annibaldi per citarne alcuni, che furono partecipi dei convegni organizzati dall’ISRIL. Come sul piano delle ricerche, si trovano i risultati di un costante impegno sia nell’alimentare la conoscenza delle interazioni esistenti fra decisioni economiche e decisioni di Relazioni Industriali, sia nell’anticipare l’attenzione su fenomeni quali il lavoro sommerso, la piccola impresa, i nuovi lavori, la crisi latente della P.A., le inadeguatezze dello Stato sociale che in anni successivi assunsero rilevanza, individuando un campo di confronto per problemi che non hanno ancora trovato soluzioni appropriate.
Da qui lo stimolo per giudicare non ancora finita la missione dell’ISRIL.
L’ISRIL, fondato nell’ormai lontano 1962, fu il primo istituto italiano sorto con la missione di studiare le Relazioni Industriali e di Lavoro nella loro interazione con i fenomeni economici e sociali, innovando rispetto agli approcci prevalentemente giuridici, allora dominanti.
I padri fondatori (Baldassare Armato, Giuseppe Bianchi, Nicola Cacace, Paolo Cavezzali, Merli Brandini) provenivano da una comune esperienza di esperti della contrattazione collettiva che la CISL aveva promosso perché nelle grandi aziende italiane (Fiat, Eni, Italsider, ecc.) si diffondessero, su base contrattuale, criteri e pratiche organizzative che sostenessero lo sviluppo della produttività del lavoro in un contesto economico che si stava aprendo ad una maggiore competitività di mercato.
Il back round culturale che, fin dall’inizio caratterizzò l’Istituto, fu fornito soprattutto dall’istituzionalismo USA che aveva dedicato particolare attenzione al fenomeno dello sviluppo industriale e delle regole attraverso le quali gestire i processi redistributivi e i relativi conflitti in società caratterizzate da un assetto pluralistico degli interessi. Mario Romani, Gino Giugni e Federico Mancini furono i riferimenti italiani di tale cultura.
L’ISRIL, nato in un periodo caratterizzato da una prospettiva ottimistica dello sviluppo economico (erano gli anni del cosiddetto miracolo economico) fu partecipe delle successive turbolenze verificatesi nei decenni successivi (il ’68, le crisi degli anni ’70 e ’90) facendo dell’Istituto un luogo di confronto tra le parti sociali e testimoniando sempre che occorresse rafforzare nel sistema la capacità di cooperazione reciproca per rendere governabili i cambiamenti sollecitati dall’integrazione dei mercati e dall’evoluzione dei sistemi politici e sociali.
Il bicchiere mezzo pieno è che in effetti ci fu un progressivo affinamento nell’uso degli strumenti della contrattazione collettiva e della concertazione sociale, e soprattutto nei periodi di grande crisi le intese fra le parti sociali e i governi favorirono la stabilizzazione consensuale necessaria per riprendere la via dello sviluppo.
Il bicchiere mezzo vuoto è che le tendenze insite nella società italiana a favore di una corporativizzazione degli interessi costituiscono a tutt’oggi i principali ostacoli che rallentano la capacità del sistema Italia di muoversi velocemente lungo un asse di obiettivi condivisi di modernizzazione.
L’ISRIL, si diceva, fu un crocevia, mai turbato da pregiudizi ideologici, nel quale si incontrarono i principali attori politici e sociali degli ultimi cinquantanni di storia italiana. Basta ripercorrere i contributi contenuti nella rivista dell’Istituto “I Quaderni ISRIL” (1970-1999) per ritrovare i nomi di Andreotti, Armato, Lama, Carniti, Marini, Vanni, Marzotto, Annibaldi per citarne alcuni, che furono partecipi dei convegni organizzati dall’ISRIL. Come sul piano delle ricerche, si trovano i risultati di un costante impegno sia nell’alimentare la conoscenza delle interazioni esistenti fra decisioni economiche e decisioni di Relazioni Industriali, sia nell’anticipare l’attenzione su fenomeni quali il lavoro sommerso, la piccola impresa, i nuovi lavori, la crisi latente della P.A., le inadeguatezze dello Stato sociale che in anni successivi assunsero rilevanza, individuando un campo di confronto per problemi che non hanno ancora trovato soluzioni appropriate.
Da qui lo stimolo per giudicare non ancora finita la missione dell’ISRIL.